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(floriano cabras) (marco veglio)


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la sacra sindone

09.10.2013 17:51

La Sindone che si trova custodita nel duomo di Torino, conosciuta in tutto il mondo anche come Sacra o Santa Sindone, si tratta di un lenzuolo funerario di lino , sul quale è visibile l'immagine di un uomo che porta segni di maltrattamenti e torture compatibili con la crociffissione. Da qualche millennio si pensa che l'uomo raffigurato in esso sia la salma straziata di gesù,si dice che il lenzuolo fu usato per avvolgerne il corpo nel sepolcro.

 

Il termine "sindone" deriva dal greco σινδών (sindon), che indica in senso generale un tessuto ampio, come un lenzuolo,  che specificato poteva essere di un lino di buona qualità o tessuto proveniente dall’India. Anticamente la parola "sindone" non aveva alcun legame al culto dei morti o alla sepoltura, ma oggi tale termine è ormai fortemente legato al lenzuolo funebre di Gesù.

Nel 1988, l'esame al carbonio 14, eseguito  indipendentemente dai laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo, in gran brettannia  ha datato alla  sindone una data compresa tra il 1260 e il 1390[1], periodo che corrisponde all'inizio della storia della Sindone certamente documentata. Ciò nonostante, la sua autenticità continua ad essere oggetto di fortissime controversie tra i più grandi esperti di livello mondiale.

 

Le esposizioni pubbliche della Sindone sono chiamate ostensioni . Le ultime sono state nel 1978, 1998, 2000, 2010 iniziata il 10 aprile, e si è conclusa il 23 maggio e 2013 ostensione accompagnata da un videomessaggio  di Papa Francesco.

Sulla sua eventuale storia precedente non vi è accordo. I sostenitori dell'autenticità del telo dicono che l'esame svolto nel 1988 al carbonio 14 non e attendibile, ipotizzando inquinamento dei campioni di tessuto prelevati per essere sottoposti a esaminazione. dichiarano quindi che la Sindone sia l'autentico lenzuolo funebre di Gesù e che risalga alla Terra di Israele del I secolo; essi sostengono inoltre che  la Sindone di Torino sia da identificare con il mandylion o "Immagine di Edessa", un'immagine di Gesù molto venerata dai cristiani d'Oriente, scomparsa nel 1204 questo spiegherebbe l'assenza di documenti che si riferiscono alla Sindone.

Secondo alcuni  racconti dei vangeli,  il corpo di Gesù dopo la sua morte  fu deposto dalla croce, avvolto in un lenzuolo  con bende e posto nel sepolcro. Luca e Giovanni menzionano questi tessuti anche dopo la presunta  risurrezione. ma della sindone  non viene fornita alcuna descrizione circa dimensioni e materiale. viene però indicato che fu utilizzato un telo per il corpo e un fazzoletto  che conosciamo come sudario.  la forma è stato ipotizzato che la descrizione di  Giovanni  abbastanza  compatibile con la Sindone di Torino.  

 Ci sono anche altre ipotesi che il telo e il sudario siano stati conservati dalla primitiva comunità cristiana, pur non essendo presente alcun  accenno o riferimento  nei Vangeli, circa la formazione di un'immagine su un qualche tessuto. Va inoltre preso in considerazione il fondamento teologico dell'avversione del popolo credente.

 

La più antica testimonianza storica certa della Sindone di Torino risale agli anni cinquanta del XIV secolo, quando la Sindone, con modalità  ignote, comparve nelle mani del cavaliere di Goffredo di Charny e di sua moglie Giovanna di Vergy.

 

Il 20 giugno 1353 Goffredo donò la Sindone al capitolo dei canonici della collegiata di Lirey, che lui stesso aveva fondato. la prima mostra al pubblico del  telo avvenne, pare, nel 1357 Goffredo era morto l'anno precedente, suscitando negli anni seguenti diversi dubbi sull'autenticità del telo. Nel 1415 Margherita di Charny, discendente di Goffredo, si riappropriò del lenzuolo  dando origine a un lungo contenzioso con i membri canonici e nel 1453 lo vendette o cedette ai duchi di Savoia.

Che poi venne conservata  a Chambéry in Savoia, dove il 4 dicembre 1532 sopravvisse all'incendio della Sainte-Chapelle du Saint-Suaire, riportando gravissimi  danni in diversi punti, perforata in vari punti da una goccia d'argento fuso colata dal reliquiario che la conteneva. In seguito nel 1578 venne portata a Torino, dove  i Savoia avevano trasferito la loro capitale. In occasione del  trasferimento fu la richiesta da parte del vescovo di Milano, Carlo Borromeo, di venerare la reliquia per sciogliere un voto fatto in occasione della peste di Milano.  Da allora vi rimase ininterrottamente fino ai giorni d'oggi, salvo brevi intervalli. Nel 1898 per la prima volta venne fotografata  dall'avv. Secondo Pia e  in quell'occasione si scoprì che l'immagine impressa sul lenzuolo presentava molte  caratteristiche che presentava anche un negativo fotografico.

 

Umberto II di Savoia, che fu l’ ultimo re d'Italia, alla sua scomparsa  nel 1983  lasciò in eredità la reliquia  alla Santa Sede che ne delegò la custodia all'Arcivescovo di Torino.

Nel 2009 la proprietà della Sindone fu messa in discussione, secondo il professor Francesco Margiotta Broglio, che studiava i rapporti  tra Stato e Chiesa, con l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana il primo gennaio del 1948, la Sindone sarebbe diventata di  proprietà dello Stato italiano in base alla XIII disposizione, comma 3, e il testamento  di Umberto II sarebbe diventato nullo. ma la Santa Sede avrebbe nel frattempo acquisito la proprietà della Sindone per la legge di usucapione  sulla questione è stata presentata una interrogazione parlamentare ma tuttora  non risulta ancora una risposta del governo.

La Sindone per descriverla più semplicemente  è un lenzuolo di lino di colore giallo ocra, con una  forma rettangolare, le sue  dimensioni sono  di circa 441 cm x 113 cm, con uno  spessore di  0,34 mm e un peso di circa 2,450 kg. In corrispondenza di uno dei lati lunghi, il telo risulta tagliato e ricucito per tutta la lunghezza a otto centimetri dal margine.

Il lenzuolo è completamente  tessuto a mano con una lavorazione detta a spina di pesce

inoltre è cucito su un telo di supporto, anchesso  di lino, che ha le stesse dimensioni,  il supporto originale, applicato nel 1534,  ed in seguito e stato sostituito nel 2002 con un telo simile più recente.

 

Sono  visibili sulla Sindone i danni provocati da alcuni eventi storici. I più vistosi sono le bruciature causate da un incendio nel 1532, che si trovano  simmetricamente ai lati dell'immagine in quanto il lenzuolo era conservato ripiegato in  32 strati e le bruciature hanno dimensioni decrescenti man mano che si scende negli strati sottostanti. (il coperchio del reliquiario fu pressato da un oggetto incandescente). Si tratta di un vero e proprio cratere di forma approssimativamente triangolare che Aldo Guerreschi e Michele Salcito hanno ricostruito e presentato al Convegno di Parigi, nel 2002. Dal 1534 al 2002 i fori erano coperti da rappezzi, che sono stati poi rimossi  alla sostituzione del telo di supporto

Il lenzuolo riporta due immagini molto tenui che ritraggono un corpo umano nudo, a grandezza naturale, una di fronte (immagine frontale) e l'altra di schiena (immagine dorsale); sono allineate testa contro testa, separate da uno spazio che non reca tracce corporee. Sono di colore più scuro di quello del telo. Ognuna delle due immagini appare essere la proiezione verticale di una figura umana, e non quella che si otterrebbe stendendo un lenzuolo a contatto con il corpo umano ad esempio il viso dovrebbe apparire molto più largo.

 

L'immagine, come si scoprì nel 1898 quando la Sindone fu fotografata per la prima volta, è più comprensibile nel negativo fotografico. Il corpo raffigurato appare quello di un maschio adulto, con la barba e i capelli lunghi. L'immagine presenta numerose ferite: le più evidenti sono le ferite ai polsi e agli avampiedi e una larga ferita da taglio al costato. Inoltre le ferite sul capo corrispondono alla presenza di un casco di spine mentre, sul dorso, ferite da sfregamento sono compatibili con una grossa e rozza trave portata a spalle. Sono state inoltre rinvenute in corrispondenza dei piedi e del naso tracce di terra compatibili con una caduta dalla quale deriverebbe la rottura del setto nasale.[senza fonte] Il tutto corrisponde alla tradizionale iconografia di Gesù e al resoconto evangelico della crocifissione.

L'autenticità della Sindone — vale a dire se essa sia o no il vero lenzuolo funebre di Gesù — è stata a lungo dibattuta: vi sono state dispute al riguardo già nel XIV secolo  

Le discussioni sono riprese alla fine del XIX secolo, quando la prima fotografia della Sindone ha rivelato le particolari caratteristiche dell'immagine e ha suscitato l'interesse degli studiosi su di essa. I numerosi studi scientifici eseguiti da allora non sono serviti a chiarire in modo definitivo la questione, ma solo ad accendere maggiormente il dibattito nel quale si "scontrano" studiosi convinti che la Sindone sia una reliquia e studiosi altrettanto convinti che invece sia un'icona, una raffigurazione artistica. Tra le parti sorgono critiche accese sull'operato dei ricercatori della parte avversa, dibattito che migra sul confronto di convinzioni religiose ed antireligiose. Vi sono tuttavia "scettici" anche tra i cristiani e viceversa ci sono non cristiani convinti che essa sia autentica.

 Inoltre si  è introdotta  una questione religiosa in un problema che, in sé, è puramente scientifico, con il risultato che le passioni si sono scaldate e la ragione è stata fuorviata.

 

 

La Chiesa cattolica in passato si è espressa ufficialmente sulla questione dell'autenticità, prima in senso negativo nel 1389 il vescovo di Troyes inviò un memoriale al papa, dichiarando che il telo era stato artificiosamente dipinto in modo ingegnoso, e che fu provato anche dall'artefice che lo aveva dipinto che esso era fatto per opera umana, non miracolosamente prodotto. Nel 1390 Clemente VII emanò di conseguenza quattro bolle, con le quali permetteva l'ostensione ma ordinava di "dire ad alta voce, per far cessare ogni frode, che la suddetta raffigurazione o rappresentazione non è il vero Sudario del Nostro Signore Gesù Cristo, ma una pittura o tavola fatta a raffigurazione o imitazione del Sudario") e poi, ribaltando il giudizio, in senso positivo nel 1506 Giulio II autorizzò il culto pubblico della Sindone con messa e ufficio proprio. Attualmente, la Chiesa cattolica non si esprime ufficialmente sulla questione dell'autenticità, lasciando alla scienza il compito di esaminare le prove a favore e contro, ma ne autorizza il culto come icona della Passione di Gesù. Diversi pontefici moderni, da papa Pio XI a papa Giovanni Paolo II, hanno inoltre espresso il loro personale convincimento a favore dell'autenticità.

Le chiese protestanti considerano invece la venerazione della Sindone, e delle reliquie in genere, una manifestazione di religiosità popolare di origine pagana estranea al messaggio evangelico.

 

In un documento del 2005, firmato da 24 studiosi del telo, oltre ad essere riportate le diverse informazioni sulla Sindone disponibili, veniva sottolineato come nessuna delle riproduzioni realizzate fosse riuscita a ricreare tutte le caratteristiche del telo.

 

Il 6 giugno 2011 un pittore e restauratore veneto, Luciano Buso, afferma che sulla Sacra Sindone, nel volto di Gesù, si troverebbe la firma di Giotto e la data 1315, secondo una tecnica di "scrittura nascosta" tramandata fino ai giorni nostri; la data sarebbe in linea con le contestate analisi al carbonio 14 eseguite negli anni ottanta. Questa notizia venne smentita nei giorni successivi da vari studiosi, fra cui il ricercatore Antonio Lombati, collaboratore del CICAP, e la sindonologa Emanuela Marinelli. Nel merito si è espresso anche Gian Maria Zaccone, direttore del Museo della Sindone di Torino, dichiarando che per quanto riguarda l'ipotesi che si tratti di un'opera pittorica, bisogna dire che dagli esami del 1978 è stato definitivamente stabilito che non vi siano tracce di pittura

Sulla sindone, nel tempo, sono stati condotti diversi studi e sono state esposte diverse ipotesi

 sulla formazione dell'immagine: si sono fatte molte ipotesi sulla formazione dell'immagine della Sindone, nessuna ad oggi conclusiva

 Esami sul presunto sangue: i primi esami, eseguiti nel 1973, non rilevarono la presenza di sangue nelle macchie visibili sulla Sindone. Gli esami successivi, svolti a partire dal 1978 con tecniche più moderne, condotte dal microscopista Walter McCrone condussero a risultati analoghi e stante il ritrovamento di pigmenti McCrone arrivò alla conclusione che si trattasse di un dipinto. I lavori di McCrone furono tuttavia respinti dallo STURP Shroud of Turin Research Project. Successivamente John Heller e Alan Adler affermarono di avere rilevato la presenza di emoglobina.

 Esame del carbonio 14: La datazione radiometrica con la tecnica del carbonio 14, eseguita contemporaneamente e indipendentemente nel 1988 dai laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo, ha dato come risultato l'intervallo di tempo compreso tra il 1260 e il 1390, periodo corrispondente all'inizio della Storia della Sindone certamente documentata.

 Gli esami medico-legale dicono che  la posizione del corpo non appare in linea con ciò che avviene in un cadavere. Le mani sono sovrapposte sul pube, ma in un morto ciò non è possibile, poiché la posizione richiede che i muscoli siano in tensione oppure che le mani siano legate  ma sulla sindone non c'è traccia di legacci. Il rigor mortis  tesi ad esempio sostenuta da Emanuela Marinelli  non giustifica la posizione poiché se i muscoli di un cadavere vengono forzati, questi si rilassano.

 Esame del tessuto: il tessuto della Sindone è di lino filato a mano. Le fibre sono intrecciate con torcitura "Z", cioè in senso orario, con trama 3:1. Da un punto di vista archeologico le sindoni giudaiche del I secolo conosciute sono diverse da quella di Torino  per tessuto, tessitura, torcitura del filo e disposizione intorno al corpo.

Diversi studiosi hanno lavorato sulla riproduzione di manufatti con alcune caratteristiche proprie della Sindone, utilizzando vari metodi per poter spiegare quale sia stato il processo di formazione dell'immagine. Sebbene siano state prodotte immagini che mostrano similitudini, non è ancora stato possibile riprodurre tutte le peculiari caratteristiche della Sindone.

 Joe Nickell ha "dipinto" un'immagine senza usare pennelli, stendendo un lenzuolo sul corpo di un uomo sdraiato e strofinandolo con un pigmento liquido a base di ocra rossa.

 Rodante, Moroni e Delfino-Pesce hanno utilizzato il metodo del bassorilievo riscaldato.

 Nicholas Allen ha usato la tecnica fotografica.

 Giulio Fanti e collaboratori hanno colorato delle fibre di lino usando un laser a eccimeri. Si tratta della fase preliminare di una ricerca tesa a provare l'ipotesi che l'immagine della Sindone sia stata generata da una radiazione emessa dal corpo umano avvolto in essa.

 Luigi Garlaschelli ha usato un metodo derivato da quello di Nickell, aggiungendo ad un pigmento una soluzione di acido solforico che ha reagito chimicamente con le fibre del tessuto creando l'immagine, mentre il pigmento è stato poi eliminato sottoponendo il telo a invecchiamento artificiale e successivo lavaggio.

Un altro ritratto di Gesù su un solidus della stessa epoca.

Nella sua raffigurazione tradizionale, Gesù è rappresentato con la barba e i capelli lunghi, come sulla Sindone. Alcuni studiosi suggeriscono che la Sindone fu in effetti il modello da cui questa raffigurazione fu ricavata il che dimostrerebbe una sua origine molto anteriore al XIV secolo.

 

I sostenitori dell'autenticità affermano l'esistenza di notevoli coincidenze, anche in alcuni particolari specifici, tra il volto sindonico e questo ritratto, che si afferma soprattutto a partire dal VI secolo, in concomitanza con la presunta riscoperta del Mandylion a Edessa. Essi fanno notare, inoltre, come le più antiche raffigurazioni del Mandylion mostrino un volto monocromo su tela simile a quello della Sindone.

Anche alcune specifiche forme di rappresentazione, come l'imago pietatis  la raffigurazione del Cristo morto che sporge dal sepolcro in posizione eretta fino alla vita, con le mani incrociate davanti, in uso dal XII secolo, e dettagli come la curva bizantina la particolare posizione in cui veniva dipinto Gesù crocifisso, si possono spiegare in riferimento alla Sindone.

Ovviamente, la somiglianza tra l'immagine presente sulla Sindone e l'iconografia precedente alle prime prove documentali dell'esistenza del telo potrebbe semplicemente essere dovuta alla sua realizzazione medievale, quando questa iconografia sarebbe stata perfettamente nota anche a chi avesse prodotto la reliquia, indipendentemente dai metodi impiegati.

La Sindone è stata comparata con il presunto sudario di Gesù conservato nella cattedrale di Oviedo, nelle Asturie in Spagna. Questo è un telo molto più piccolo della Sindone circa 84x53 cm, che non presenta alcuna immagine, ma solo macchie di sangue.

È stato ipotizzato da chi sostiene l'autenticità sia di questa reliquia sia del telo di Torino, che questo sudario sia stato posto sul capo di Gesù durante la deposizione dalla croce, e poi rimosso prima di avvolgere il corpo nella Sindone, avendo quindi il tempo di macchiarsi di sangue, ma non quello per subire lo stesso processo di formazione dell'immagine della Sindone, qualunque questo sia stato. Il sudario sarebbe stato conservato a Gerusalemme fino al 614, poi trasportato in Spagna attraverso il Nordafrica; custodito prima a Toledo, venne trasportato ad Oviedo tra l'812 e l'842.

 

Secondo Baima Bollone, che ritiene di aver individuato tracce di sangue nella Sindone durante gli esami del 1978, anche il gruppo sanguigno delle tracce presenti sul sudario corrisponde con quello rilevato sulla Sindone  gruppo Ab, e un'analisi comparativa del DNA da lui effettuata avrebbe rilevato profili genetici simili. Secondo Alan Whanger, ci sarebbero ben 120 punti di contatto tra la disposizione delle macchie sul Sudario e di quelle sul volto e sulla nuca dell'immagine sindonica.

La datazione con il Metodo del carbonio-14 ha datato il Sudario come risalente al 680 circa, data compatibile con le prime testimonianze storiche documentate dell'esistenza del Sudario in Europa.

 

 

Se venisse provato che il Sudario e la Sindone hanno la stessa origine, verrebbe smentita la datazione medievale del carbonio 14 della seconda, in quanto il Sudario è certamente molto più antico, sia per la sua presenza documentata ad Oviedo sia per la sua datazione con il carbonio 14, che farebbe risalire entrambe le reliquie al VII secolo, periodo comunque nettamente successivo a quello in cui è vissuto Gesù.

Il Mandylion o "Immagine di Edessa" era un telo conservato dapprima a Edessa  oggi Urfa, in Turchia almeno dal 544, poi dal 944 a Costantinopoli. Le fonti lo descrivono come un fazzoletto che recava impressa in modo miracoloso l'immagine del viso di Gesù. Nel 944, dopo che Edessa era stata occupata dai musulmani, i bizantini trasferirono il mandylion a Costantinopoli, qui rimase fino al 1204, quando la città venne saccheggiata dai crociati, molte reliquie vennero trafugate e del sacro fazzoletto si persero le sue tracce.

Come si è accennato sopra, alcuni ritengono che il Mandylion fosse la Sindone piegata in otto e chiusa in un reliquiario, in modo da lasciare visibile solo l'immagine del viso: questa ipotesi è la più accreditata dagli studiosi che sostengono un'origine della Sindone precedente al 1353.

Questa ipotesi è però contestata da altri autori  ad esempio Lawrence Sudbury, in base ad alcune fonti storiche che parlano di Sindone e Mandylion come di due oggetti distinti: Robert de Clary, ad esempio, nella sua opera La conquête de Constantinople li menziona come entrambi presenti e venerati a Costantinopoli, durante la IV crociata, ma in due luoghi separati. A sostegno di tale ipotesi starebbe il fatto che il Mandylion era esposto alla venerazione dei fedeli e appare assai improbabile che la Sindone fosse, con grave ingombro, mantenuta ripiegata in modo da far vedere il solo volto di Gesù.

 Si citano come fonti testi antichi di difficile verificabilità, mentre non ci sono fonti dirette relative alle "recenti scoperte del prof. Zaninotto". Peraltro, il fatto che fonti antiche identifichino del "sangue" sul telo di Edessa  ammesso che lo fosse realmente, stiamo parlando di fonti, peraltro di parte, del X secolo, non si capisce come possa essere prova per identificare i due oggetti.

Una leggenda sostiene che una donna, di nome Veronica, asciugò il volto di Gesù con un panno durante la sua salita al Calvario; sul panno si impresse miracolosamente l'immagine del volto. Questo racconto è talmente noto che l'incontro di Gesù con la Veronica è una delle tradizionali stazioni della Via Crucis.

Alcuni storici ipotizzano che questa, e non quella di Torino, fosse la Sindone che veniva esposta a Costantinopoli fino al 1204; Altri ipotizzano invece che la Sindone scomparsa nell'incendio del 1349 fosse quella di Torino  l'incendio in cui venne data inizialmente per distrutta precede di pochissimi anni la comparsa di quest'ultima a Lirey  e che quella "ritrovata" nel 1377 fosse una copia; altri ancora ipotizzano che proprio la Sindone di Torino fosse una copia effettuata per sfruttare la fama di quella della vicina Besançon ed attirare quindi a Lirey i pellegrini, dubbi che, dopo la prima ostensione del 1357, portarono il vescovo di Troyes, Enrico di Poitiers, a chiedere, senza successo, di esaminare il telo, che venne tenuto nascosto fino al 1389.

Sono note circa 50 copie della Sindone, eseguite da vari pittori in diverse epoche. Una tra le più note, realizzata nel 1516 e conservata a Lier in Belgio, è attribuita ad Albrecht Dürer, ma questa attribuzione è controversa.

Recentemente lo storico Daniel Scavone ha avanzato l'ipotesi che il Graal, il misterioso oggetto protagonista delle più celebri leggende medievali, non fosse altro che la Sindone.

 

Scavone ipotizza che la leggenda del Graal sia stata ispirata dalle frammentarie notizie giunte in Occidente di un oggetto legato alla sepoltura di Gesù e che ne "conteneva" il sangue; si pensò quindi che si trattasse di una coppa o di un piatto, le forme in cui il Graal è solitamente rappresentato.

 

A supporto di questa teoria Scavone nota che, secondo alcune fonti, il Graal offriva una particolare "visione" di Cristo nella quale egli appariva prima come bambino, poi via via più grande, infine adulto: egli ipotizza che queste fonti riportassero, in modo impreciso, un rituale nel quale la Sindone veniva dispiegata gradualmente  in latino gradalis, da cui secondo questa ipotesi deriverebbe la parola "Graal"  e la sua immagine era resa visibile, man mano che il rito procedeva, in misura sempre maggiore, fino ad essere mostrata nella sua interezza.

Un fedele in preghiera dinanzi alla Sacra Sindone, custodita nel Duomo di Torino

Inoltre, secondo le sue ricerche, la notizia secondo la quale Giuseppe di Arimatea  indicato dalla tradizione come custode del Graal  avrebbe raggiunto la Gran Bretagna deriverebbe da un'errata lettura della parola Britio, nome del palazzo reale di Edessa, che sarebbe stata fraintesa per Britannia; il "Britannio rege Lucio" citato da una fonte del VI secolo sarebbe in realtà Abgar VIII, re di Edessa (177-212), che aveva assunto il nome latino di Lucio Elio o Aurelio  Settimio. Questa teoria si accorda quindi con quella dell'identificazione tra Mandylion e Sindone.

Al pari di altre reliquie della religione cristiana particolarmente note, la Sindone negli ultimi anni è stata citata o utilizzata nelle opere di diversi scrittori e sceneggiatori.

Nel romanzo Il codice dell'apocalisse di Andrea Carlo Cappi e Alfredo Castelli, che ha come protagonista il personaggio dei fumetti italiani Martin Mystère, la Sindone esposta a Torino è in realtà una copia effettuata da Leonardo da Vinci grazie alla conoscenza della camera oscura  alla fine del XV secolo, realizzata per permettere alla chiesa di custodire con più sicurezza quella precedentemente esposta. Nel romanzo Leonardo non si limita a farne una mera copia, ma, tramite un antico libro di magia risalente al tempo di Atlantide, rende questa un oggetto magico in grado di "catalizzare" le preghiere dei fedeli che l'adorano, di valenza benefica, ed impiegarle per allontanare le forze malvagie da Torino. Nel libro, un demone - Belial - proclamatosi "Signore del Male", che sta cercando da secoli di scatenare l'Apocalisse, cercherà di disattivarne i poteri, in modo da poter aprire un portale con gli Inferi e far giungere sulla Terra altre creature demoniache.

Questa reliquia e la sua storia con le sue incognite, suscitano un fascino unico sugli studiosi e curiosi della stessa, alimentando la fede di tanti credenti, noi come al solito prendiamo in considerazione che le teorie contrastanti alimentano miti e leggende, ma abbiamo sempre le nostre singole opinioni. ma se la sindone e autentica o meno non sta a noi dirlo sappiamo solo che questa reliquia molto spesso suscita passione e speranze tra i loro credenti e se questo e un bene noi possiamo solo esserne felici.

(articolo di floriano cabras)

 

 

 

 

 

 

 


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